Max Fritz
2012-08-14 13:36
Che razza di composto è questo? Ne so tutto sommato poco anche io, sembra avere delle particolari caratteristiche fisiche, alle quali accennerò solo brevemente nelle considerazioni finali e lascerò il resto ai link delle fonti. Il principale motivo per cui l'ho sintetizzato è per i fantastici cristalli che forma da soluzioni fortemente concentrate. Reagenti: -Alluminio (può andar bene anche quello in fogli per alimenti) -Acido solforico concentrato (questo possibilmente puro, senza inibitori etc.) -Guanidina carbonato Procedura: Parte 1, Al2(SO4)3-13H2O; Innanzitutto occorre prepararsi del solfato di alluminio 13-idrato, che non mi pare proprio un reagente comune e di frequente impiego. Si potrebbe partire dall'allume di potassio o dal cloruro idrato (non vi venga in mente di sprecare così quello anidro...!!), facendo precipitare l'idrossido e poi andando di solforico, però si sa che la filtrazione di certi idrossidi è spesso tanto lenta e difficoltosa da essere insopportabile. Allora tanto vale essere drastici: riempiamo il lab. di idrogeno e otteniamo questo sale per sintesi diretta (scherzi a parte, è meglio mettersi all'aperto, onde evitare eccessivi accumuli di H2, soprattutto se il locale è piccolo e si intende aumentare le quantità). Sono partito da circa 4,6-4,8g di alluminio in fogli per alimenti (ho anche della polvere, ma proprio non mi andava di sprecarla così). Ho aggiunto il metallo in piccole porzioni a 50mL di acido solforico al 50% (c'è un certo eccesso di acido, che eviterà il fermarsi della reazione e non darà particolare fastidio). Terminata la reazione, ho scaldato il tutto ad ebollizione e ho ridotto il volume a 30mL circa. La soluzione che si ottiene sarà un po' torbida, lattiginosa e giallina a causa delle impurità dell'Al di partenza, ma non è un grosso problema per il momento. Raffreddando velocemente e grattando le pareti del becher con una spatolina in metallo, dovrebbe innescarsi la precipitazione. E' importante agitare di continuo la massa che pian piano si solidifica, poichè tende ad attaccarsi tenacemente al vetro se lasciata cristallizzare. Il prodotto viene lavato con pochissima acqua fredda, filtrato su buchner, sciacquato con parecchie porzioni di etanolo alimentare e asciugato schiacciandolo tra due strati di carta da filtro avvolti da abbondante carta assorbente. Volendo si può ricristallizzare da acqua calda. Si noti, in proposito, un comportamento abbastanza curioso: il solfato idrato di alluminio tende difficilmente a cristallizzare da soluzioni concentratissime, formando poi masse bianche che hanno poco del cristallino e che si ridisciolgono con una certa difficoltà in acqua a t. ambiente, mentre sembrano prima fondersi e poi miscelarsi con l'acqua ad ebollizione. Parte 2, solfato di guanidina e alluminio; Se tutto è andato come dovrebbe, dovreste ora avere circa 40g di solfato di alluminio idrato. Se ne avete molto di più, una ricristallizzazione da poca acqua distillata bollente non guasta. Ecco una foto del prodotto da cui sono partito: 38g di tale composto vengono sciolti in 35mL di acqua distillata bollente e la soluzione viene mantenuta calda. A parte si prepara una soluzione di 13g di carbonato di guanidina in 13mL di acqua e si aggiungono, molto lentamente, 4mL di acido solforico concentrato (ovviamente fare attenzione all'effervescenza). Si porta ad ebollizione per qualche secondo, si lascia raffreddare brevemente e si aggiunge ancora goccia a goccia dell'acido solforico concentrato finchè non si osserva più evoluzione di CO2 (badare a distinguere tra una possibile momentanea ebollizione locale per la reazione esotermica tra acido e acqua e una effervescenza vera e propria). A questo punto si aggiunge un mL di acido solforico concentrato ad entrambe le soluzioni (quella di solfato di alluminio e quella di solfato di guanidina). Si scaldano di nuovo, contemporaneamente ad ebollizione e in questo stato si uniscono. Il liquido ottenuto viene ulteriormente scaldato ed energicamente agitato per qualche minuto, poi lasciato raffreddare a t. ambiente e infine in bagno a ghiaccio, mescolando di continuo. Dopo filtrazione, il precipitato viene lavato con acetone, disciolto in 150mL di acqua bollente e la soluzione viene filtrata per gravità mentre è calda. Ci si libera così, finalmente, delle impurità dell'alluminio di partenza. Si concentra il filtrato a ca. 50mL in un becher particolarmente pulito e si lascia raffreddare molto lentamente, per 24h o più, in un luogo tranquillo, appoggiando il recipiente su un supporto di legno, o meglio ancora di sughero, per limitare lo scambio termico. Si otterranno così dei bellissimi cristalli trasparenti, molto lucenti, a forma di prismi esagonali. Quando questi avranno ricoperto in maniera uniforme le pareti del recipiente, conviene staccarli velocemente con una spatolina, filtrare il tutto con rapidità (il liquido, appena viene agitato, inizia a solidificare a ritmo serrato e rischia di inglobare i cristalli ottenuti) e riportare il filtrato, contenente ora un abbondante precipitato bianco, ad ebollizione, aggiungendo eventualmente acqua per risolubilizzare tutto. Ripetendo il processo si ottengono altri cristalli, spesso anche migliori dei primi. Ogni volta che si filtra, i cristalli vanno prima asciugati velocemente dalla soluzione satura e poi ripuliti dai residui microcristallini per lavaggio con acetone in un colino. Lasciando troppo tempo ai cristalli per ingrossarsi, questi tendono a sovrapporsi in aggregati non più così gradevoli. Ecco alcuni dei risultati che ho ottenuto: Considerazioni finali: Partiamo subito con la formula di struttura del complesso (un'immagine un po' migliore la trovate nel primo link delle fonti). Le reazioni sono tanto banali che non mi pare valga la pena di spenderci troppe parole. La "resa" finale, se così si può chiamare, è stata nel mio caso di 13,67g, ma questo è uno dei casi in cui certi conti non hanno molto senso, perchè quando il liquido è troppo poco per produrre cristalli decenti lo si smaltisce senza riserve, perdendo un po' di prodotto. A volte, soprattutto quando si opera con soluzioni eccessivamente concentrate, può innescarsi una cristallizzazione che porta alla formazione di agglomerati sferici di cristalli aghiformi. Se si utilizzano soluzioni appena appena più diluite del necessario, invece, la cristallizzazione non avviene neanche aspettando che evapori un po' d'acqua (probabilmente perchè il prodotto è abbastanza igroscopico da non lasciar evaporare il minimo eccesso). La capacità di questo doppio sale di formare cristalli così puliti, perfetti, geometrici, sembra rispecchiare alcune delle sue proprietà fisiche che lo rendono un oggetto interessante di studi: è innanzitutto ferroelettrico, ovvero il cristallo mantiene una polarizzazione elettrica, dopo essere stato sottoposto ad un campo elettrico, anche in assenza del campo stesso. E' inoltre piroelettrico, ovvero produce una ddp tra due facce del cristallo in risposta ad un cambiamento della temperatura (ottenuto, ad esempio, con dei flash luminosi abbastanza energetici). Fonti: -http://www.lambdasyn.org/synfiles/gash.htm -http://adsabs.harvard.edu/abs/1956PhRv..101..962H Altre utili informazioni si possono trovare in rete cercando "guanidine aluminum sulfate". L'abbreviativo inglese comunemente usato è GASH e il nome corretto sarebbe molto probabilmente "solfato esaidrato di guanidINIO e alluminio".
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