valeg96
2017-12-03 14:36
Una resina a scambio ionico è fondamentalmente un ammasso polimerico caricato positivamente o negativamente capace di catturare e legare a sè ioni inorganici di vario genere. Le resine a scambio ionico (RSI) sono praticamente sempre prodotte in forma sferica a partire da un polimero di stirene-divinilbenzene: modificando il rapporto S/DVB si può modulare la porosità e la reticolazione della resina al fine di permettere o impedire la permeazione di talune specie nel reticolo polimerico.
Le resine sono funzionalizzate con un gruppo acido (resina cationica) o con un gruppo basico (resina anionica) a seconda delle necessità d'impiego.
Un gruppo acido, come ad esempio il gruppo solfonico -SO3H consente alla resina di:
- Legare cationi rilasciando il protone;
Resina-SO3H → Resina-SO3Na
- Legare cationi grandi rilasciando cationi più piccoli;
Resina-2SO32Na → Resina-2SO3Ca
Ad alte concentrazioni di un determinato catione, legarlo a sè a prescindere dalle dimensioni ed espellere quello già legato.
Resina-2SO3Ca → Resina-2SO32Na
Queste reazioni sono alla base di innumerevoli processi di addolcimento e purificazione delle acque sia a livello domestico (reazioni 2 e 3) che a livello industriale. Con una resina a scambio ionico caricata a protoni (protonata) è possibile rimuovere pressoché ogni metallo da una soluzione, e modificando le caratteristiche tecniche di una resina è possibile renderla più selettiva verso un metallo piuttosto che un altro. Esempi di queste resine si trovano in impianti di trattamento di acque di miniera o di scarico contenenti metalli preziosi o pericolosi (U, Co, Ni, Cr, Pb, Hg...) che è opportuno recuperare. Nelle applicazioni domestiche, gli addolcitori a scambio ionico sono pieni di resina cationica solfonica sodica, che catturano il calcio dall'acqua in entrata (2) e necessitano di pastiglie di sale per rigenerarsi (3).
Identificare una resina è possibile solo tramite il nome commerciale impostogli dal produttore: sebbene una resina possa essere classificata a seconda della funzione (cationica forte o debole, anionica forte o debole) e a seconda della carica (protonata, sodica, a cloruri, free base), esistono migliaia di resine e sono impossibili da distinguere fra di loro.
In questo thread useremo una Amberlite IR120 protonata della Dow (commercializzata dalla Sigma-Aldrich) e una resina solfonica forte sodica generica di un vecchio addolcitore.
Una caratteristica molto facile da rilevare in una resina cationica è il tempo di saturazione, ovvero quell'intervallo di tempo che intercorre fra il primo contatto con l'acqua e la saturazione dei siti attivi della resina.
Si calcola semplicemente ponendo quantità note di resina rigenerata e secca in almeno 3-4 matracci vuoti, portando a volume con acqua di durezza nota e filtrando e titolando le soluzioni progressivamente a intervalli di tempo prestabiliti. E' un valore qualitativo che ci aiuta a capire quanto tempo serve ad una resina per esplicare il suo lavoro, con tutte le conseguenze pratiche del caso.
1. TEMPO DI SATURAZIONE DI UNA AMBERLITE IR-120
Il tempo di saturazione è stato rilevato su 0.50g di resina Amberlite IR-120 protonata umida inserita in acqua a 30.03°f. Preparati 5 matracci, filtrati e titolati ad intervalli di tempo prestabiliti si ricava:
Si nota dal grafico che la resina sequestra ioni Ca2+ con un andamento a decadimento iperbolico. Si può stimare che il tempo di saturazione per questa Amberlite IR-120 cationica forte R-SO3H protonata è di circa 20-22min. In altre parole, se dovessimo usare questa resina per rimuovere un analita da una soluzione, dopo 10-15 minuti circa la nostra resina è praticamente satura, ed è opportuno rigenerarla.
2. TEMPO DI SATURAZIONE DI UNA RESINA INCOGNITA
Il tempo di saturazione è stato rilevato su 0.51g di resina incognita sodica umida inserita in acqua a 29.8°f. Si ricava:
Si nota dal grafico che la resina sequestra ioni Ca2+ con un andamento a decadimento quasi lineare. Si può stimare che il tempo di saturazione per questa resina cationica forte R-SO3Na sodica è di circa 14-16min.
3. METALLAZIONE DI UNA RESINA E PROPRIETA' CATALITICHE
Poiché una resina cationica ha facoltà di legare a sè e catturare ioni metallici e cationi di altro genere, è immediato pensare alla catalisi eterogenea.
Cosa succede se carico una resina cationica con protoni (quindi la rigenero con un acido forte) e la uso in catalisi organica, ad esempio in una esterificazione? In linea di massima funziona, ed è stata già utilizzata a tali scopi. Bisogna però ricordarsi che le RSI non tollerano temperature superiori ai 100-110°C e che l'efficacia in catalisi è determinata da quanto facilmente le molecole riescono ad infilarsi nelle porosità e regire con il protone, quindi potrebbe variare da resina a resina e da solvente a solvente.
Cosa succede se carico una resina cationica con un metallo di transizione e lo uso in catalisi organica? Dipende sempre dalle circostanze citate, ma in linea di massima potrebbe funzionare: sarebbe bello se qualcuno qui nel forum provasse a farlo.
Cosa succede se carico una resina cationica con un metallo di transizione, lo riduco a cristalliti e lo uso in catalisi organica? Una cosa del genere è fattibile con metalli di transizione come il Pd, che in forma di cristalliti depositati su materiali ad alta superficie (Pd/C o resine) riescono a catalizzare idrogenazioni organiche. Ovviamente dipende tutto dalle condizioni sopra elencate, ed è molto probabile che non funzioni, come nel mio caso, che forse tratterò in un futuro thread.
Metallare una resina è molto semplice, basta una soluzione di un sale di transizione ed eventualmente un agente riducente (il Pd si riduce da solo in presenza di acqua o solventi organici). Dopo aver lasciato la resina in agitazione con la soluzione per un tempo sufficiente si lava con molta acqua (o il solvente prescelto) e si asciuga. Al di là del loro impiego, forse molto specifico, può essere curioso metallare una resina anche solo per osservarne le variazioni di colore apportate dal centro metallico.
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