Concordo con Beef, quimico e luigi_67. Mi limiterò a citare un lungo post di facebook di Marco Cattaneo.
Dunque, riassumendo.No nucleare, No-triv, no eolico off shore (che rovina la vista da quelle belle case abusive in riva al mare), no eolico on shore (che rovina la vista delle nostre belle montagne, le più belle del mondo),no fotovoltaico sui suoli agricoli (che minaccia i nostri prodotti tipici, i più buoni del mondo) no-tav, no variante di valico, no OGM (che l'Italia non ne ha bisogno, perché i nostri prodotti tipici sono i migliori del mondo, o questa l'ho già detta?), no olio di palma (che le nostre merendine sono le più sane del mondo), no grano d'importazione (che fa venire l'intolleranza), no pesticidi, no erbicidi, no chimica, no vaccini (no, dai, che a quella dell'autismo non ci crede davvero più nessuno), no alla sperimentazione animale, no a big pharma. E per finire no immigrati (che tra l'altro 'sti fessi vengono qui anche perché a casa loro tutta 'sta roba che abbiamo qui se la sognano).
Fosse vivo il mio bisnonno (ma sospetto anche il vostro), che è nato verso la fine dell'Ottocento in una valle alpina, che è morto a meno di cinquant'anni, che ha sempre vissuto entro un raggio di pochi chilometri da dove è nato. Che però dopo i trenta hanno cominciato a cadergli i denti, o a guastarglisi. Che aveva una vacca per il latte, una manciata di capre che faceva i chilometri per pascolarle, duecento metri quadrati di orto. Che non ha mai messo piede su un mezzo a motore. Che si alzava all'alba e si coricava al tramonto, che non aveva la luce elettrica. Che non aveva il bagno in casa, che l'acqua la scaldava sulla stufa. Che non ha mai preso medicine, e dio sa quanto avrebbe voluto quella volta della spagnola.
Se fosse vivo mio bisnonno, dicevo, vi riempirebbe di ceffoni voi, i vostri social network e i vostri voli low cost.
Lo sospettavo, che si sarebbe scatenata una guerra tra bande. Così stamattina ero già pronto a una raffica di commenti. E a una lunga, lunghissima replica.«Non esiste un pasto gratis».
Così il mio bisnonno, che era uomo ignorante, con la sua quinta elementare, ma saggio, avrebbe probabilmente rifilato gli stessi ceffoni a chi sostiene SI'-tutto, in nome del progresso.
Nei 100.000 anni di evoluzione di Homo sapiens, ne abbiamo viste di cotte e di crude. E ogni nostro «progresso» ha avuto un costo ambientale. L'introduzione stessa dell'agricoltura, più di 10.000 anni fa, ha progressivamente portato a una riduzione delle foreste. E secondo ipotesi ragionevolmente accreditate la nostra capacità di costruire strumenti avrebbe perlomeno contribuito all'estinzione della megafauna del Pleistocene. Per capirci, mammut, tigri dai denti a sciabola e rinoceronti lanosi.
In parole povere, i nostri antenati non erano poi così buoni, e forse noi non siamo così cattivi.
Tolte alcune delle voci del post di stamattina, sul cui sì non ci possono essere dubbi (come i vaccini, anche se c'è comunque chi vi si oppone), tutte le altre sono questioni complesse (Andrea, eccomi). E a ciascuna di esse è piuttosto sciocco rispondere con un "NO" o un "SI'" non circostanziato, non sorretto da un'accurata, approfondita valutazione di costi e benefici.
Facciamo un paio di esempi. Ho indicato diversi punti che hanno a che fare con la questione energetica. Ci sono forme di energia più e meno pulite. Più e meno pericolose. Più e meno dannose per l'ambiente. Sì, il fotovoltaico e verde e rinnovabile, per esempio. Ma allo stesso tempo per costruire pannelli fotovoltaici usiamo risorse. Vetro, plastica, silicio, alluminio, rame. E gli stessi pannelli hanno una durata stimata in una ventina d'anni, prima di doverli sostituire, smaltendo e in parte recuperando i materiali di cui sono costituiti. Poi sono poco efficienti, ancora. Poi per produrre grandi quantità di energia occupano suolo. Molto. E inevitabilmente ne sottrarranno ad altro. Che sia agricoltura, bosco o qualsiasi altra cosa. Oltre al fatto che di notte non producono energia. E poco importa che noi di notte teniamo la luce spenta in casa perché dormiamo. La mostruosa macchina dello sviluppo che abbiamo costruito ha fame anche di notte. Spesso per produrre quello di cui ci serviamo di giorno. Per sfruttare l'energia del sole anche di notte, dovremmo avere ottimi impianti di accumulo. Non li abbiamo, purtroppo. Ci si sta provando, con il solare termodinamico, e ci sono progetti interessanti, oltre a impianti già in funzione. Però per ora i materiali che vengono riscaldati lì dentro non sono un toccasana per l'ambiente.
Non sto a descrivere i rischi e i benefici di altre fonti di energia, perché davvero sarebbe troppo lungo, questo post. In fondo dei combustibili fossili e del nucleare conosciamo già i problemi. Molti, e seri.
In più, aggiungiamoci che la transizione da un sistema energetico basato su alcune fonti a un altro non avviene in un amen. Pensate a quanto tempo ci è voluto perché le stazioni di servizio per la benzina arrivassero dappertutto. Ci è voluto un mercato. C'era bisogno di qualcuno che avesse bisogno di fare benzina. E ora immaginiamo di sostituirle tutte con stazioni di ricarica elettriche. Ci vuole tempo.
Sono rimasto sopreso quando un esperto di energia mi ha mostrato come il XIX secolo non sia stato il secolo del carbone, come crediamo, ma il secolo della legna. Mentre il XX è stato il secolo del carbone, non del petrolio. E forse il XXI sarà il secolo del petrolio più che delle rinnovabili. Non mi piace, ma forse è così.
C'è un'inerzia, intrinseca nella complessità della nostra società, con cui dobbiamo fare i conti. Perché trascende la nostra volontà.
Il secondo esempio è quello della nostra produzione alimentare. Secondo le stime della FAO, oggi il 38 per cento della superficie terrestre non coperta dai ghiacci è costituito da coltivazioni o pascoli per il nostro fabbisogno alimentare. A un prezzo carissimo per la biodiversità e per l'ambiente. E questa era la buona notizia.
La cattiva notizia è che dovremmo dire "solo" il 38 per cento. Se la resa delle nostre coltivazioni fosse pari a quella dei tempi del povero bisnonno, infatti, il cibo non basterebbe per tutti. E sì, è vero, sprechiamo lungo tutta la filiera alimentare un terzo del cibo che produciamo. Ma è anche vero che almeno in parte è il prezzo da pagare per avere un'offerta di cibo varia e articolata. Sono stato a Cuba durante il «periodo especial». Sui banchi del supermercato c'era un'offerta misera di frutta e verdura. Praticamente niente carne. Era razionato anche il riso.
Gli OGM non sono né buoni né cattivi. Anzi, non esiste nemmeno una categoria OGM. Esistono (mentre molti altri purtroppo non esistono) singoli prodotti che sono il risultato di modificazioni genetiche. Ognuno di essi andrebbe valutato per i vantaggi che può dare in termini di produttività e, per esempio, di capacità di resistere all'attacco dei parassiti. Perché per cibarci meglio, oltre alla qualità dei prodotti, dovremmo riuscire a ottenere di più dalla terra che coltiviamo. Magari usando anche meno acqua. Perché anche quella è un bene prezioso. E se possibile restituire alla natura un poco di quel 38 per cento che le abbiamo sottratto (senza contare città, strade e quant'altro).
Ok, la faccio breve. Ma ricordiamoci che oltre a tutto questo dovremmo pensare a chi viene dopo di noi. Ai nove miliardi e mezzo che abiteranno il pianeta a metà del secolo. E a quelli che a buon diritto vorrebbero, qui e ora, avere 3 chilowatt di potenza in casa, con la lavatrice, la lavastoviglie e l'home theater. Ok, lo dico meglio. Ci sono 5 miliardi di persone, su questa terra, che vorrebbero potersi giovare degli stessi strumenti di cui disponiamo noi (più o meno). E dovremmo trovare un modo sostenibile per dare a tutti almeno qualche beneficio.
Dire SI' o NO per principio – o per qualche forma di empatia, o anche solo per la genuina convinzione che una cosa sia buona e giusta – a una o a tutte le cose che ho elencato significa semplificare enormemente i termini della questione. Significa affidarci ai nostri pregiudizi. Alla nostra irrazionalità. Anche quando ci diciamo razionali.
Prima di abbracciare una causa, una qualsiasi causa, dovremmo avere strumenti molto sofisticati per valutare nel loro complesso e nella loro complessità, scientifica, sociale e ambientale, gli effetti di una decisione. E quando non siamo in grado di procurarceli individualmente, dovremmo poter assistere a un confronto tra esperti fondato sui fatti. Esperti veri, che illustrino i pro e i contro (ci sono sempre pro e ci sono sempre contro) di ogni opzione senza approfittare della nostra ignoranza per condire la realtà con convizioni più o meno ideologiche. Perché attraversiamo, tutti, una fase delicata della nostra presenza su questo pianeta. E dovremmo disporre di tutti gli strumenti per operare scelte collettive responsabili e non viziate dai nostri personali pregiudizi o, peggio, da slogan tanto orecchiabili quanto fasulli. E parlo per tutti.
Perché non esiste un pasto gratis.
Allora, penso, potremo chiamarla democrazia.
E comunque sono stupito che un membro di questo forum esordisca con "A che servono altri discorsetti tecnici?" e "Serve forse un tecnico qualificato per capire che ci sarà SICURAMENTE un danno ambientale?" oppure finezze come "non facciamoci trivellare il culo, anche stavolta." e "il Re Sòla ("er bomba" per gli amici)".
Ma seriamente stai scrivendo queste cose su un forum di chimica? Spero sinceramente che ti sia solo lasciato infervorare dal discorso, e che nella vita tu non applichi il "A che servono altri discorsetti tecnici" per compiere decisioni. Chissene frega se le cozze che crescono sotto le piattaforme sono state analizzate innumerevoli volte e giudicate di ottima qualità! Tanto le trivelle inquinano! Chissene frega se gli OGM sono testati per tutti gli allergeni per anni prima di essere venduti! Lo dice Vandana Shiva che uccidono il pianeta! Chissene frega se il succo di limone vira il tornasole al rosso! Lo dice la dieta alcalina che alza il pH del sangue, che deve essere il più basico possibile per uccidere i tumori!
Al di là delle tue opinioni e argomentazioni portate, questo è quello che mi turba di più.