Enotria
2013-07-21 09:23
Questo articolo nasce dalla collaborazione con Guido Gherlenda, che mi ha fornito un campione di argilla prelevata dalla spiaggia di Xi in Cefalonia, dove i turisti si divertono moltissimo a rotolarsi nelle pozzanghere di fango grigio che si formano in riva al mare, spargendosi per tutto il corpo l’argilla e lasciandola poi essiccare al sole, formando così una bellissima ed invitante crosta di fango.
Sembra che sia molto divertente ed il gioco preferito è quello di tirarsi gran manciate di fango per poi correre a tuffarsi nel mare per ripulirsi.
Poi, il gioco riparte da capo.
Per l’argilla, solito procedimento: diluizione in acqua, abbondante lavaggio e poi preparazione dello “striscio” se vogliamo esaminare tutti i componenti del limo, oppure filtrazione e lavaggio con acqua distillata se vogliamo separare i singoli micro fossili.
Sotto l’obiettivo del microscopio, l’argilla si presenta molto fine, con micelle colloidali piccolissime e miste a minuta sabbia silicea.
Questa composizione giustifica l’uso che i turisti fanno della melma: è perfetta per fare maschere facciali per la pulizia della pelle e per la sua leggera azione abrasiva sulla epidermide di tutto il corpo.
L’esame mediante luce polarizzata mette subito in evidenza le minute scaglie di sabbia e le ancora più piccole micelle di argilla, mentre frammisti si vedono in gran numero dei microfossili costituiti per lo più da diatomee, globigerine, foraminiferi e, moltissimi sottili aghi trasparenti di silice, le spicole delle spugne.
Sotto la luce radente, gli aghi delle spicole sembrano stelle di ghiaccio dove, con la luce polarizzata, si formano riflessi che le fanno brillare sul buio assoluto dello sfondo.
Ma anche se guardate in trasparenza, le spicole mostrano mille sfumature e tenui colori pastello.
Peccato che il continuo sfregamento a cui i turisti sottopongono il fango di Xi, rende difficile trovare spicole perfettamente formate, in genere le punte vengono presto spezzate, nonostante la loro robustezza.
Ancora peggio va per le tantissime globigerine, un tipo di foraminiferi molto comuni, ma dal sottilissimo scheletro calcareo molto fragile: purtroppo, trovarne qualcuna intera è molto raro, sono tutte ridotte a pezzi a causa del super lavoro a cui sono sottoposte.
Solo i veri e propri foraminiferi, avendo conchiglie molto più robuste, sfuggono alla frantumazione e rimangano intatti nonostante il loro guscio sia tutto cosparso di fori.
Sarà forse per il noto principio della carta igienica, che non si rompe mai dove c’è la perforazione !
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