Il proceso al collodio umido è un tecnica fotografia risalente alla seconda metà del XIX secolo, sperimentata per la prima volta da Frederich Scott Archer nel 1852.
L'utilizzo del collodio come substrato per gli alogenuri di argento fu una notevole invenzione, poiché ridusse i tempi di esposizione ad un arco di tempo oscillante da i 3 ai 20 secondi circa.
La tecnica precedentemente utilizzata era la stampa all'albumina, che richiedeva qualche minuto (tecnica che si serviva dell'albumina dell'uovo come collante per i sali di argento), si stava intanto estinguendo il calotipo, per motivi di comodità, tempo e definizione dell'immagine.
Il collodio poteva essere utilizzato su diverse superfici:
- su vetro, chiamata anche Ambrotipia
- su lastre di ferro o stagno, Ferropitia
Lo svantaggio della tecnica al collodio umido (ancora oggi in uso per alcuni amatori di tecniche fotografiche ottocentesche) è il fatto che la sensibilità della lastra era ottimale solo quando lo strato di collodio era ancora bagnato e ciò richiedeva una particolare abilità dei fotografi, che erano costretti a lavorare nei pressi del loro studio fotografico per evitare che la lastra seccasse e che i tempi di esposizione crescessero esponenzialmente.
Il procedimento è il seguente:
- la lastra (di sovente erano usate quelle di vetro) veniva pulita con particolari miscele base di farina fossile e alcool etilico
- si spande sulla lastra il collodio contenente potassio ioduro e potassio bromuro (o NH4I e NH4Cl)
- si attende che il collodio si rapprenda e si immerge la lastra in una soluzione di AgNO3 per 3-5 minuti
- si mette a fuoco l'immagine sul vetro smerigliato sul fondo della fotocamera
- si pone la lastra nello chassy della macchina fotografica (spesso a soffietto) e si espone per un tempo che dipende dall'illuminazione
- si ottura l'obbiettivo e si sviluppa la lastra in una soluzione di pirogallolo (1 grammo in 1 litro) o acido gallico (oppure in soluzione di solfato di ferro II o in soluzione di KCN :tossico: )
- si fissa la lastra in soluzione diluita di iposolfito di sodio Na2S2O3
questo è uno dei tanti video del processo al collodio:
http://www.youtube.com/watch?v=jVerzZWYZss
purtroppo non posso mettere un video o foto fatte da me, perché non possiedo il collodio....
Publios Valesios
2011-01-17 22:21
Come mai si utilizza solfato di ferro(II) per lo sviluppo al posto dell'acido gallico ?
è una bella domanda...forse come l'acido gallico partecipa alla formazione di cristalli di argento sulla superficie della foto,ciò è chiamato sviluppo fisico,poichè lo sviluppo non reagisce direttamente con l'alogenuro d'aregtno...ben altra cosa è l'idrochinone,che dà origine ad uno sviluppo chimico vero e proprio
molto bella come tecnica
credo di avela letta da qualceh parte ma mai nel dettaglio.
il collodio forse lo trovi qui
c'hanno di tutto ma stanno in usa e la spedizione costa come una mastoplastica additiva senza la mutua.
http://www.bostick-sullivan.com/contact.php
molte grazie per il link! peccato che questi costi per le spedizioni costino così tanto...
si, inoltre alcune cose non le spediscono proprio all'estero per questioni di sicurezza.
cmq potresti provare a chiederlo ad una farmacia il collodio.
cmq bostick e sullivan c'ha praticamente qualunque cosa ti viene in mente, c'ha pure i sali di oro e di platino.
voglio provare in farmacia,anche se dubito che lo possiedano...ho visto su quel sito che mi hai consigliato del collodio 100ml a 9 dollari circa....sarebbe buono,anche se sono pochi spenderei poco,per quanto riguarda la platinotipia non oso nemmeno provare...
si ma poi ci vanno 40 dollari di spedizione, come minimo.
sul serio???? allora tenterò a chiedere in farmacia...tempo fa avevo visto un "farmaco" per verruche che era a base di collodio e acido lattico e un altro acido che non ricordo (salicilico forse?).Se potessi separare gli acidi dal collodio facilmente sarebbe una manna....
chiedi in farmacia, magari te lo ordinano.
Publios Valesios
2011-01-26 23:01
AgNO3 ha scritto:
è una bella domanda...forse come l'acido gallico partecipa alla formazione di cristalli di argento sulla superficie della foto,ciò è chiamato sviluppo fisico,poichè lo sviluppo non reagisce direttamente con l'alogenuro d'aregtno...ben altra cosa è l'idrochinone,che dà origine ad uno sviluppo chimico vero e proprio
Lo sviluppo con il solfato e poi il suo fissaggio come lo chiami tu fisico è duraturo e stabile quanto quello chimico?
Publios Valesios ha scritto:
Lo sviluppo con il solfato e poi il suo fissaggio come lo chiami tu fisico è duraturo e stabile quanto quello chimico?
il metodo che usi per ridurre l'argento non incide sulla durata, quello che incide di più è il fissaggio, che deve riuscire a rimuovere tutto quello che non è stato ridotto senza intaccare l'argento ridotto e che è stato il cruccio dei fotografi per anni , ma soprattutto il lavaggio finale.
bastano infatti tracce di fissaggio non lavate, per degradare una stampa nel giro di alcuni mesi.
infatti,lo sviluppo fisico è duraturo quanto uno sviluppo chimico,basti pensare alle foto d'epoca,risalenti all'ottocento/novecento.
Lo sviluppo fisico,come quello chimico deve avere una certa durata,infatti si rischia di annerire completamente la foto.
Il fissaggio è il bagno che crea più problemi,infatti lo sviluppo è solitamente seguito da un arresto a base di acido acetico concentrato,che termina l'azione dello sviluppo.
Il fissaggio , che è duraturo nel tempo,è seguito da un lungo lavaggio ad acqua corrente,che elimina definitivamente il fissatore,che tende a sbiadire via via la foto.
Ah! Ecco che devi farci col pirogallolo
nitrato, io però fossi in te, mi approccerei a una tecnica più abbordabile del collodio, specialmente se è la prima tecnica classica.
infatti voglio provare l'albmina su vetro,molto più semplice
in cui si utilizza l'albume d'uovo al posto del collodio...la definizione è buonissima! quasi come una lastra al collodio,il necessario è AgNO3 ,KI e KBr e pirogallolo (od acido tannico) e Na2S2O5...mi manca solo la fotocamera a soffietto che ho intenzione di fabbricare quest'estate,e dare il via alla mia "carriera da fotoamatore"
Davide93
2013-06-15 10:56
Sto preparando questo processo per gli esami, e volevo chiedere esattamente il collodio, che ho letto essere nitrocellulosa, in che tipo di solvente è disciolto ???
Si utilizza una soluzione 1:1 di etanolo assoluto ed etere dietilico.
Davide93
2013-06-15 11:04
Ti ringrazio
ma allora dovevano essere davvero dannatamente veloci per fare queste foto
Davide93 ha scritto:
Sto preparando questo processo per gli esami, e volevo chiedere esattamente il collodio, che ho letto essere nitrocellulosa, in che tipo di solvente è disciolto ???
In una miscela di alcool etilico e etere etilico nel rapporto 160/300 mL per 10 g di nitrocellulosa.
saluti
Mario
Davide93
2013-06-15 11:23
Vi ringrazio entrambi, appena ho letto la tecnica e visto il video ho detto
"LUI E' " ( l'argomento da portare ).
Inoltre credo mi devo correggere, l'etere/etanolo deve evaporare del tutto, l'umido si riferisce alla successiva immersione in AgNO3 (aq)
Inoltre credo mi devo correggere, l'etere/etanolo deve evaporare del tutto, l'umido si riferisce alla successiva immersione in AgNO3 (aq)
Devo correggere la sua affermazione.
La lastra, nel processo al collodio umido, deve essere sensibilizzata, esposta e sviluppata prima che il collodio asciughi del tutto.
Ecco il perchè del nome.
Se si lasciasse asciugare troppo o addirittura essiccare si avrebbe una perdita di sensibilità e pure una precipitazione dei sali presenti con un effetto di reticolazione assai brutto a vedersi sulle stampe.
saluti
Mario
Davide93 ha scritto:
Ti ringrazio
ma allora dovevano essere davvero dannatamente veloci per fare queste foto
Esattamente! Questo era un motivo che portò poi a favorire processi meno impegnativi. Le lastre al collodio erano utilizzate ampiamente negli studi fotografici, poiché la camera oscura era situata accanto alla camera di "esposizione". Per chi utilizzava tale tecnica all'aperto era necessario portar con sé tutto il necessario. Tuttavia questa tecnica rimase una delle più diffuse, ancor più del dagherrotipo o del calotipo. Infatti, anche quest'ultimo è sensibile al grado di umidità della carta.
Come ha già detto Mario, "umido" è dovuto al fatto che, dopo aver trattato il vetro ed averlo ricoperto di uno strato di collodio, esso deve evaporare parzialmente. Se evapora totalmente impedisce che il trattamento con AgNO3 penetri anche all'interno dello strato. A dire il vero il fenomeno della reticolatura non è tipico delle stampe al collodio quanto per quelle all'albumina. Quelle sì che sono fragili.
Esiste anche una variante al collodio secco.
mordr3d ha scritto:
chiedi in farmacia, magari te lo ordinano.
Io trovo tutto a Cusago, vicino a Milano.
Possono anche spedire quello che volete e hanno un sito fatto molto bene, che raggruppa tutte le metodiche per antiche tecniche fotografiche. vi consiglio di dare un'occhiata: è interessante!
il sito si chiama: antichetecnichefotografiche