FLaCaTa100 ha scritto:
Si potesse prevedere quando smettere di titolare non sarebbe una titolazione, nel senso si titola apposta perché non si sa quanto analita è presente.
Non sono molto d'accordo.
L’analisi volumetrica, detta anche volumetria, è una tecnica di analisi quantitativa che permette di determinare la quantità dell’analita in esame contenuto in una soluzione a concentrazione incognita o approssimata (soluzione titolata) con un procedimento (titolazione) mediante l’uso di una soluzione a concentrazione nota e accurata (soluzione titolante) fino ad un punto in cui la quantità di titolante è stechiometricamente uguale a quella di titolato (punto equivalente, p.e.).
Il punto equivalente rappresenta perciò il volume di titolante in corrispondenza del quale i due reagenti sono stati miscelati secondo l’esatto rapporto stechiometrico previsto dalla reazione analitica. Dato che per il titolato la concentrazione è o incognita o approssimata, il punto equivalente è perciò solo un dato ipotetico, a cui l’analista deve avvicinarsi il più possibile rilevando cioè il punto di fine titolazione, p.f.t., che è invece un dato sperimentale che permette all’analista di capire quando la titolazione è conclusa.
L’obiettivo operativo principale di un’analisi volumetrica è dunque la localizzazione più corretta possibile del punto di fine titolazione.
La titolazione si esegue mediante l’uso di una buretta, nella quale è contenuta una delle due soluzioni (non sempre il titolante), che viene addizionata alla seconda soluzione (non sempre il titolato) contenuta in un becher o in una beuta. Quando si giunge al punto di fine titolazione si legge sulla buretta il volume totale di soluzione addizionato che, insieme ad altri dati sperimentali, conduce, dopo elaborazione mediante calcoli stechiometrici, a determinare la quantità dell’analita in esame.
Durante la titolazione fra titolante e titolato avviene una reazione chimica che, per poter essere sfruttata ai fini analitici, deve essere:
- completa, ovvero i reagenti si trasformano in modo completo nei prodotti;
- a stechiometria nota, ovvero i rapporti molari di reagenti e prodotti devono essere definiti e riproducibili nel tempo;
- veloce, ovvero la soluzione aggiunta con la buretta deve reagire con velocità elevata con la soluzione contenuta nel becher, soprattutto in prossimità del punto equivalente;
- variare una sua proprietà chimico-fisica in prossimità del punto equivalente, in modo tale che sia possibile cogliere il punto equivalente misurando sperimentalmente il punto di fine titolazione.
Il punto di fine titolazione può essere determinato sperimentalmente con due metodi:
- metodo strumentale, utilizzando strumenti in grado di misurare la variazione di un parametro chimico-fisico della miscela di reazione (pH, potenziale redox, conducibilità elettrica, assorbimento di radiazioni elettromagnetiche, ecc.) in funzione del volume aggiunto della soluzione contenuta in buretta; con i dati sperimentali misurati si costruisce un grafico, detto curva di titolazione, dalla cui elaborazione grafica si risale al p.f.t.; se l’uso dello strumento e la costruzione del grafico sono corrette avremo che il p.f.t. coincide con il p.e.
- metodo classico, addizionando alla soluzione contenuta in becher o in beuta, una piccola quantità di una sostanza chimica, detta indicatore, avente la caratteristica di cambiare colore (punto di viraggio dell’indicatore, p.v.) in prossimità del p.e.; se la scelta dell’indicatore è corretta avremo che il p.v. coincide con il p.f.t. e con il p.e.
Si definisce errore di titolazione lo scarto esistente fra punto equivalente e punto di fine titolazione: tanto più esso è elevato, tanto meno accurata risulterà l’analisi quantitativa volumetrica.
Le cause principali che provocano errori di titolazione sono:
- scelta dell’indicatore errata;
- colore di viraggio dell’indicatore colto in maniera errata, o troppo presto o troppo tardi;
- cattivo uso di tutti gli strumenti utilizzati nel corso della titolazione.
FLaCaTa100 ha scritto:
Armati di pazienza per quel laboratorio e vai piano con le gocce soprattutto se non sei ancora pratica con la buretta perché se sbagli e vai oltre il punto finale devi rifare tutto da capo o alla peggio la tua esperienza finisce li con una valutazione negativa.
Che ci voglia pazienza in laboratorio è fuori discussione!!!
La buretta va sempre utilizzata facendo scendere il liquido goccia a goccia, altrimenti parte di esso rimane attaccato alle pareti interne, soprattutto se queste non sono perfettamente pulite.
Le burette di classe AS hanno la stessa precisione o tolleranza sul volume totale (in genere 0,05 mL), ma permettono tempi di attesa per lo scolamento (in genere +15 s) minori di quelle di classe A.
Utilizzare correttamente una buretta non significa solo saper chiudere il rubinetto al momento giusto, ma conoscere le caratteristiche della calibrazione eseguita dal costruttore della buretta, tutte quante incise sul vetro della buretta stessa.
Non bisogna mai eseguire una sola titolazione!!!
Se non si vogliono (o possono) fare dei calcoli preliminari, ci si comporta in questo modo:
- prima titolazione: si addiziona la soluzione in buretta goccia a goccia fino al viraggio dell'indicatore e si annota il volume utilizzato.
- seconda titolazione: si preleva lo stesso volume di analita e si addiziona la soluzione sempre goccia a goccia, ma abbastanza velocemente, fino a 1-2 mL ad di sotto del volume utilizzato per la prima titolazione, poi si prosegue rallentando la velocità di scolamento delle gocce fino a viraggio dell'indicatore; si annota anche questo secondo volume.
- si esegue una terza titolazione con le modalità della seconda solo se la differenza in valore assoluto fra i due volumi utilizzati è maggiore del doppio dell'incertezza della buretta a disposizione.