Enotria
2012-01-31 11:00
L’aggiunta del dispositivo polarizzante ad un microscopio è quanto mai semplice, attuabile da chiunque con minima spesa e con una minima manualità.
Il risultato che se ne ottiene è invece del massimo interesse in qualsiasi campo, in quanto la polarizzazione è in grado di mettere in evidenza particolari prima indistinguibili o invisibili, con una sensibilità estrema.
La polarizzazione la si ottiene inserendo, lungo il percorso della luce, una lastrina polarizzante prima del campione in esame (polarizzatore) ed una seconda lastrina subito dopo (analizzatore): dalla reciproca posizione delle due lastrine fra di loro otteniamo un vario grado di polarizzazione, con due posizioni estreme.
Quando i polarizzatori sono orientati fra loro a 90°, quindi disposti a croce, si ha la massima estinzione della luce, il fondo è quasi nero mentre, al contrario, il soggetto può assumere colori molto brillanti.
Invece, quando i filtri sono fra loro paralleli non si ha alcuna estinzione della luce e, apparentemente, non si ha alcun effetto sul campione in esame. In realtà un effetto c’è sempre ed è la capacità di eliminare i riflessi, per cui la polarizzazione viene molto usata anche nell’esame degli oggetti metallici, che altrimenti darebbero origine a forti riflessi di luce.
Come possiamo inserire la polarizzazione nel nostro microscopio ?
La prima lamina polarizzante viene in genere semplicemente appoggiata sulla lente di campo, alla base del microscopio, in modo da essere facilmente ruotabile per ottenere i vari effetti cromatici ed anche per poter essere facilmente tolta, quando vogliamo ritornare alla normale illuminazione, non polarizzata.
Questo primo componente può essere acquistato apposta o, più spesso, è un normale filtro polarizzatore per fotografia del costo di pochi Euro e che noi appoggeremo sulla base del microscopio, ad intercettare l’uscita del raggio di luce.
Il secondo filtro, l’analizzatore, andrà messo nella cavità vuota che sta fra il corpo del microscopio e la testata di osservazione: si toglie la testata allentando la vite di bloccaggio e si mette il filtro ad intercettare la luce.
L’analizzatore può quindi essere costituito da un secondo filtro fotografico, purché di piccolo diametro, oppure da un ritaglio di una vecchia lente Polaroid, oppure ancora appositamente acquistato, dato che entrambi i due filtri polarizzanti nuovi non costano più di una ventina di Euro, ad esempio http://www.otticaturi.it/frame-C%20micro-set_polarizzazione.htm
In caso il filtro analizzatore sia troppo piccolo e corra il rischio di cadere “dentro” al microscopio, lo si può bloccare fra due ritagli di cartoncino, in modo da bloccarlo meglio nella giusta posizione.
Naturalmente l’analizzatore verrà mantenuto sempre in sede, anche quando non intendiamo usare la polarizzazione, del resto non ci crea danni alla visione, solo una leggera diminuzione della luminosità, comunque compensata da una efficace abbattimento dei riflessi parassiti.
Finito il nostro lavoro, possiamo subito vedere se funziona: accendiamo l’illuminazione del microscopio e, senza montare alcun soggetto, guardiamo dentro gli oculari.
Probabilmente vedremo solo della luce e nulla più, ma se ruotiamo il filtro alla base del microscopio vedremo ad un certo punto che la luminosità cala molto rapidamente fino a lasciarci con un campo molto scuro, quasi nero.
Anzi, più nero è, migliore è la qualità delle lamine polarizzatici che abbiamo utilizzato: una leggera dominante blu o viola è comunque frequente nei filtri plastici tipo Polaroid ma, per il nostro utilizzo non professionale, sarà più che accettabile.
Per ora ci fermiamo qui, nella prossima puntata vedremo cosa è possibile ottenere e come migliorare le prestazioni del nostro polarizzatore casalingo.
I seguenti utenti ringraziano Enotria per questo messaggio: ale93, Chimico, Dott.MorenoZolghetti, pelle96, ClaudioG., Claudio