ohilà
2017-09-24 08:49
I combustibili liquidi impiegati al giorno d'oggi provengono per la quasi totalità dal petrolio, che, però, non è mai utilizzato tal quale, ma sottoposto a laboriose lavorazioni industriali per ottenere prodotti più pregiati e con destinazioni d'uso ben precise. Cenni generali: Il petrolio nella sua forma naturale non raffinata è detto "greggio" o "grezzo", si presenta come un liquido con colore variabile dal bruno al nero, con odore penetrante caratteristico, in genere fluorescente agli UV e, ovviamente, molto infiammabile. La densità è sempre minore rispetto all'acqua e varia da circa 0,75 g/ml ad un massimo di 1 g/ml. Pur essendo composto per la maggior parte da idrocarburi liquidi contiene una gran varietà di composti e la sua composizione elementare, a seconda della zona di provenienza, è compresa entro questi limiti: 83-87% C, 11,4-14% H, 0,06-8% S, 0,01-1,8% N, 0,05-3% O Inoltre sono generalmente presenti sospensioni di sali inorganici, organometallici e acqua. - Le classi di composti organici di maggior rilevanza sono gli alcani (paraffine), gli alcheni (olefine), i cicloalcani (nafteni), gli idrocarburi aromatici (areni) e gli acidi cicloalcanoici (asfalteni). - Lo zolfo è presente in genere come tioalcoli, tioeteri o solfuro d'idrogeno disciolto. - L'azoto, invece, si trova sotto forma di composti eterociclici, soprattutto chinolina e derivati. - L'ossigeno è contenuto negli acidi carbossilici asfaltenici e, in tracce, in composti fenolici e carbonilici. Data la grande varietà di miscele possibile, risulta difficile proporre un'esatta classificazione dei petroli sulla base della loro composizione, ma in genere ci si basa sulla tipologia prevalente di idrocarburi nel greggio: - Paraffinici: come i petroli del Nord Africa e quelli degli Stati Uniti orientali - Naftenici: Russia, Sud e Centro America - Paraffinico-Naftenici: Medio Oriente, Stati Uniti occidentali - Aromatici: Medio Oriente, Borneo - Aromatico-Naftenici: Medio Oriente, Indonesia, Russia - Paraffinico-Aromatici: Sud America - Asfaltenici: Giappone, Europa La maggior parte del petrolio del mondo rientra nelle prime tre categorie. Estrazione: Il sistema di trivellazione è costituito da una colonna rotante formata da una serie di aste in acciaio, lunghe svariati metri, montate una sull'altra in modo da regolare la profondità di perforazione. All'estremità inferiore è presente uno scalpello ruotante in diamante sintetico e carborundum. Occorre poi predisporre un sistema per far fluire il fango tra la parete del pozzo e la trivella e, infine, un traliccio metallico che sostenga l'intero apparato, il famoso "Derrik". Una volta terminata la trivellazione e raggiunto il giacimento, in genere, soprattutto per i petroli più fluidi, la pressione dei gas nel sottosuolo è sufficiente per garantire la risalita del greggio. Altrimenti si utilizzano delle opportune pompe a bilanciere o si iniettano nel pozzo opportuni solventi fluidificanti, spesso gli stessi idrocarburi parzialmente raffinati. Gli stessi principi valgono per l'estrazione di giacimenti marini, con le difficoltà ed i costi aggiuntivi necessari a costruire piattaforme stabili. Trasporto: Raramente le raffinerie sono nelle vicinanze delle aree di estrazione e, per motivi geopolitici ed economici, si preferisce acquistare petrolio grezzo e raffinarlo direttamente nelle zone di consumo. Il principale metodo di trasporto via terra è costituito dagli oleodotti, tubazione lunghe anche migliaia di chilometri in cui il petrolio si muove per pompaggio. Via mare invece, si utilizzano le petroliere, speciali imbarcazioni concepite per minimizzare i rischi dovuti all'infiammabilità del carico e ai possibili disastri ecologici in caso di fuoriuscite. Anche se in passato sono state costruite superpetroliere con capacità di carico fino a 500.000 tonnellate, attualmente si preferisce impiegare imbarcazioni di dimensioni più ridotte poiché meno onerose in termini di sicurezza e più gestibili dai porti. RAFFINAZIONE Per sfruttarne a pieno tutte le potenzialità il greggio deve essere sottoposto a numerosi processi di lavorazione. Ovviamente i trattamenti effettuati variano moltissimo in base al tipo di petrolio di partenza e ai prodotti che si intendono ottenere, con dettagli impiantistici e di processo piuttosto complessi. L'argomento è molto vasto e non pretendo certo di esaurirlo in queste poche righe... Trattamenti "a bocca di pozzo": il petrolio appena estratto deve essere immediatamente stabilizzato eliminando i gas incondensabili disciolti che possono rappresentare un grave pericolo durante il trasporto. Vanno eliminati anche i solidi sospesi e l'acqua emulsionata. In genere si effettuano cauti riscaldamenti, decantazione, centrifugazione o percolazione. Il prodotto di questi trattamenti è quello inviato nella raffineria vera e propria. Topping: i vari componenti del greggio vengono separati mediante una prima distillazione a pressione atmosferica, o di poco superiore, e a temperature d'ingresso intorno ai 350°C. In questo modo si separano completamente tutti i componenti più volatili, quali i gas incondensabili, i gas per GPL e le benzine leggere. Si ottengono efficientemente anche benzine pesanti, kerosene e gasoli. Vacuum: il residuo solido del topping non può essere lavorato a pressione ordinaria, poiché, visto l'elevato punto di ebollizione, subirebbe importanti pirolisi. Si opera tra i 380 e i 450°C a pressioni di 10-50 Torr. A seconda del tipo di greggio trattato e delle operazioni di topping precedenti, dalla distillazione vacuum si ottengono quantità variabili di gasoli pesanti, oli combustibili, oli lubrificanti e bitume. Quest'ultimo costituisce il residuo più pesante e indistillabile di tutte le operazioni di rettifica del petrolio. Rimozione inquinanti: prima dei processi catalitici di cracking e reforming è necessario rimuovere completamente i composti contenenti zolfo, azoto e ossigeno, che avvelenano irrimediabilmente i catalizzatori impiegati nelle raffinazioni successive e portano comunque a prodotti di qualità più scadente. Uno dei metodi più utilizzati è l'Idrotrattamento ("Hydrotreating", che consiste nel trattare la carica di idrocarburi con idrogeno sotto pressione e catalizzatori a base di ossidi di cobalto e molibdeno supportati da allumino-silicati. I sottoprodotti principali sono solfuro di idrogeno e acqua. Anche se, al giorno d'oggi, sono meno utilizzati, è possibile operare anche raffinazioni con reattivi chimici. Ricordiamo il "Processo Merox" con soda caustica e la "Doctor Solution" a base di piombito di sodio. Quest'ultima è ancora impiegata come test sul campo per verificare la presenza di composti solforati mediante precipitazione di PbS. Cracking: le benzine sono la frazione più importante del petrolio, ma non sono certamente la più abbondante. Da ciò deriva la necessità di convertire frazioni pesanti, quali gasoli e oli combustibili (p.eb > 400°C), in benzina, diminuendone quindi il peso molecolare medio e aumentandone la volatilità. Esistono numerosi processi di cracking. Il cracking catalitico è quello attualmente di più ampia applicazione. Quello termico non catalitico, invece, pur rivestendo una grande importanza storica, è caduto in disuso a partire dal secondo dopoguerra. Premesso che: - La stabilità degli idrocarburi aumenta al diminuire del peso molecolare - All'aumentare della temperatura le olefine sono più stabili delle paraffine - Sopra i 250°C tutti gli idrocarburi, a velocità differenti, tendono a trasformarsi in carbonio e idrogeno Occorre utilizzare parametri di processo che permettano un cracking sufficientemente veloce senza produrre quantità rilevanti di coke e idrocarburi gassosi. Nella pratica si opera a 480-520°C e a 15-25 atmosfere di pressione. I catalizzatori operano con meccanismi carbocationici piuttosto complessi. Quelli più utilizzati sono di tipo zeolitico, cioè allumino-silicati cristallini dalla precisa geometria molecolare con proprietà acide. Le zeoliti sono facilmente avvelenate da ossigeno, zolfo e azoto, che devono quindi essere rimossi preventivamente. Coking: E' un tipo di cracking operato su residui molto densi o direttamente su grezzi asfaltenici. Le condizioni di esercizio molto drastiche consentono di ottenere prodotti utilizzabili come combustibili e del coke molto puro che trova importanti applicazioni nella fabbricazione di elettrodi. E' detto "Visbreaking" un altro tipo di cracking utilizzato su residui oleosi molto pesanti al fine di ridurne la viscosità e renderli adatti all'uso come oli combustibili. Idrocracking: E' un tipo di cracking catalitico condotto in presenza di idrogeno, con catalizzatori e metodiche simili a quelli dell'Idrotrattamento, ma in condizioni di temperatura e pressione più elevate. Consentono di impiegare come carica direttamente dei grezzi di qualità scadente contaminati da composti solforati ottenendo comunque prodotti di pregio. I margini di esercizio sono abbastanza ampi e, in base al tipo di grezzo, la temperatura può variare tra i 250 e i 450°C, mentre la pressione può raggiungere le 200 atmosfere. Reforming: Il numero di ottano (N.O.) è definito come la miscela di n-eptano (N.O. 0) e 2,2,4-trimetilpentano, cioè "isoottano" (N.O. 100), con potere antidetonante pari al combustibile in esame. Maggiore è il numero d'ottano e minore è la possibilità di autocombustioni incontrollate nel cilindro del motore a scoppio. In genere catene carboniose più ramificate garantiscono potere antidetonante maggiore. I trattamenti di reforming servono a ristrutturare le catene carboniose in modo da ottenere isomeri maggiormente ramificati. I tre principali effetti sono l'isomerizzazione, la ciclizzazione e l'aromatizzazione degli idrocarburi. Il reforming catalitico classico opera con cariche ricche di n-alcani esenti da zolfo, in presenza di idrogeno per evitare la formazione di coke e con pressioni e temperature relativamente elevate (20-30 atm e 480-520°C). I catalizzatori impiegati sono di tipo misto, con una componente acida e una redox. In genere platino o ossidi metallici supportati da silico-alluminati. Alchilazione: sebbene gli idrocarburi gassosi, soprattutto C3 e C4, abbiano comunque buone applicazioni industriali, quali la produzione di GPL per autotrazione, è comunque possibile trasformarli in benzine ad alto numero di ottano mediante alchilazione. Sono reazioni di addizione tra isoparaffine ed olefine, con formazione di intermedi carbocationici. Si opera a temperatura vicina a quella ambiente e a bassa pressione, con acidi minerali, quali solforico o fluoridrico, come catalizzatori. Additivazione: alle benzine finite vengono aggiunti una serie di composti in fase di post-raffinazione: - Alchilfenoli e ammine come antiossidanti e antipolimerizzanti per prevenire la formazione di depositi gommosi - Complessanti metallici - Antidetonanti, ove previsti dalle legislazioni nazionali - Coloranti per distinguere diversi tipi di combustibili da autotrazione - Additivi specifici in relazione alle condizioni ambientali d'impiego
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